lunedì 12 agosto 2013

The bible project. Fra 200 anni la versione più fedele della bibbia



Nella Hebrew University di Gerusalemme, una delle più grandi e importanti centri accademici di Israele in cui Einstein e Freud fecero parte del primo consiglio di amministrazione, in una delle più grandi biblioteche del mondo, protetto da ogni indiscrezione, c'è un gruppo di biblisti che da 53 anni, avvicendandosi, ha il proposito di proclamare l'ultima, risolutiva, elaborazione del Vecchio Testamento. 
Tale disegno prende il nome di “The Bible Project”, ovvero l'Università della Bibbia dove decine d'interpreti per lo più ebrei, ma in contatto continuo coi colleghi delle università vaticane e di Friburgo, portano avanti tale impresa. 
Ma l’opera procede molto lentamente, infatti in circa mezzo secolo sono stati ultimati solo tre libri dei 24 della Bibbia ebraica, (39 per i cristiani, che li contano in modo diverso), un quarto e un quinto, comunque, sono prossimi. 


L'ultimo componente dell'originario comitato scientifico è morto poco tempo fa a 90 anni. E l'intera opera, si prevede, non finirà prima di due secoli: intorno al 2200, o giù di lì. 


Il progetto prende il via dal Codice di Aleppo, che è il più antico manoscritto del testo masoretico della Bibbia ebraica, (sprovvisto della Torah dal 1947). 
Il manoscritto masoretico è l'esposizione ebraica della Bibbia utilizzata dalla dottrina ebraica e presa come modello per le traduzioni dell'Antico Testamento per la religione cristiana. 
Il testo fu redatto e diffuso da un gruppo di ebrei noto come Masoreti fra il primo e il X secolo d.C. 
Esso comprende significative variazioni rispetto, alla più antica trasposizione greca dei Settanta. 
L'odierna composizione del Codice di Aleppo è di 295 fogli su un totale inizialmente di 487, o secondo alcuni 480, pagine. 

Il codice ha avuto una storia particolarmente movimentata. A metà dell'XI secolo, circa un secolo dopo la sua stesura, il testo fu acquistato dalla comunità caraita di Gerusalemme, molto probabilmente dagli eredi di Aaron ben Asher. In seguito (tra il 1079 e il 1099) fu portato presso la sinagoga rabbinica del Cairo, dove venne consultato da Maimonide. Verso la fine del XIV secolo fu portato ad Aleppo, in Siria, dove venne gelosamente custodito per secoli dalla comunità giudaica.

Negli anni venti del XX secolo, Paul Kahle, l'autore dell'edizione critica del testo masoretico Biblia Hebraica , chiese più volte di poter fotografare il manoscritto ma senza successo. Nel 1944 lo studioso ebreo Umberto Cassuto ottenne finalmente il permesso di poter esaminare il codice, senza però poterne fare fotografie. Nel 1947, durante gli scontri contro la comunità giudaica di Aleppo, la sinagoga fu bruciata e il prezioso manoscritto fu pesantemente danneggiato all'inizio e alla fine, conservando solo 295 pagine delle originali 487. Andò persa la quasi totalità della Torah.

Nel gennaio 1958 il Codice di Aleppo fu portato a Gerusalemme, dove è attualmente conservato nell'Israel Museum e finalmente accessibile per gli studi esegetici. È stato usato come testimone fondamentale per numerose edizioni del testo biblico.


Lo scopo del lavoro è di riuscire ad avere un testo solenne con tutte le probabili diversità che ne derivano.
Elemento importantissimo è che, in questa ciclopica opera, si terranno in considerazione i manoscritti di Qumran, andando indietro di almeno un millennio rispetto al Codice di Leningrado che è sempre stato la base di tutti gli studi.
Il materiale a disposizione, proveniente da ogni parte del mondo, manoscritti ebraici, notazioni certosine, traduzioni greche, siriache, latine, copte, etiopi, papiri egiziani, edizioni veneziane cinquecentesche, testi pisani, amanuensi samaritani, rotoli in aramaico, e citazioni del Corano, viene analizzato, studiato e comparato.
Il tutto andando controcorrente contro chi ha un credo univoco ed immutabile di questo testo

I testi del 400 a.C. erano come un imbuto rovesciato: per una parola che entrava, ne uscivano molte di più. Ma due secoli e mezzo dopo, accadde l'inverso. L'imbuto si rovesciò nell'altro verso. E nel Tempio qualcuno disse: ecco, questo è il testo ufficiale. Da lì, tutti i libri vennero corretti. E se un libro era molto divergente, non potendolo distruggere, lo si seppelliva. Fu in questo modo che si cominciò a riflettere sulla Sacra Scrittura, ma senza preservarla».Una palingenesi di secoli. Così diventò la Bibbia. Dove a correzione s'aggiungeva correzione. Dove qualche setta ci metteva del suo. Dove i tardo-bizantini segnalarono le precisazioni ortografiche. Tanto che, verità ormai consolidata, il Vecchio Testamento che leggiamo oggi non è quello che leggevano in origine.

Così afferma il professor Alexander Rofe, israeliano nato a Pisa, professore della Hebrew University da circa 40 anni.

Tale progetto non è l'unico nel suo genere atri simili si stanno effettuando in Inghilterra ed in Germania.


E Mosè disse: l'Altissimo disperse il genere umano «secondo il numero dei figli di Dio». Disse proprio così, nel Deuteronomio. Il numero dei figli di Dio. Ovvero tante divinità, non una sola. Un elemento di politeismo. Questo sembrano raccontarci oggi i Rotoli del Mar Morto, i più antichi manoscritti della Bibbia. Ma questo non ci tramandarono i masoreti, gli scribi che verso la fine del primo Millennio rilessero, ridiscussero, corressero il Vecchio Testamento. Si capisce: il politeismo era un concetto incompatibile, inaccettabile, insostenibile nel canto di Mosè. E allora, invece d'interpretare, di dare una lettura teologica a quel passaggio, meglio tagliare, sbianchettare con un po' di monoteismo. E ricopiare in un altro modo: «Secondo il numero dei figli d'Israele», settanta come le nazioni del mondo, diventò la versione giunta fino a noi. 

Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Testo_masoretico
http://it.wikipedia.org/wiki/Codex_Aleppo
http://www.corriere.it/cultura

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