Il 3 marzo 1972, venne lanciata la
sonda Pioneer 10, (seguita dalla sonda gemella Pioneer 11 proiettata nello spazio il 6 aprile 1973), che fu la prima sonda
spaziale ad attraversare la fascia
principale degli asteroidi del sistema
solare, la prima ad effettuare osservazioni dirette di Giove e il primo oggetto creato dall'uomo a
lasciare il Sistema solare il 13 giugno 1983, quando oltrepassò
l'orbita di Nettuno, il pianeta più
distante dal Sole.
Sia la sonda Pioneer 10 e Pioneer 11 contengono
2 placche dorate con dei messaggi
indirizzati a una intelligenza aliena.
Sono riportate informazioni sulla costruzione
della sonda stessa, e disegni schematizzati di un uomo e una donna, e la
posizione della Terra rispetto
al Sole e
del Sole nella Galassia.
Inoltre viene mostrata una
piccola immagine delle sonde e la traiettoria mostra
la loro destinazione una volta superato Giove e al di fuori del sistema solare.
Entrambe le Pioneer 10 e 11 hanno placche identiche,
sebbene dopo il lancio la Pioneer 11 fu dirottata verso Saturno ed è uscita dal sistema solare
proprio da lì. Per questo particolare la placca del Pioneer 11 è in
un certo senso imprecisa. La deviazione di Saturno per il Pioneer 11 potrebbe
inoltre maggiormente influenzare la sua futura direzione e destinazione in
comparazione al Pioneer 10 ma questa situazione non è rappresentata
sulle placche.
Ma l’esempio delle sonde
Pioneer sembra essere stato anticipato migliaia e migliaia di anni fa da altri.
Infatti in un’antichissima
tavoletta d’argilla sumera, appaiono esserci messaggi simili in relazione a percorsi e rotte astronomiche.
Stiamo parlando di un documento, (vedi immagine in basso), ritrovato tra il resti della biblioteca reale della capitale assira Ninive, che
di certo è una trascrizione di una più remota testimonianza sumera, a forma
discoidale parzialmente, purtroppo, danneggiato, che ha dato vita a controverse
ed inquietanti interpretazioni da parte dei vari studiosi che lungo gli anni l'hanno analizzata.
La strana e misteriosa targa
d’argilla fu portata inizialmente all'attenzione della comunità
scientifica il 9 gennaio 1880 in occasione di un rapporto presentato alla
British Royal Astronomical Society, in cui gli studiosi Bosanquet e Sayce la
definirono come un planisfero con alcuni segni cuneiformi che sembrano
dare vere e proprie misure sancendone il carattere astronomico, ma non
riuscendo ad andare oltre la conclusione che si trattasse di un planisfero
celeste.
Quando la British Royal Astronomical
Society pubblicò un disegno di tale testimonianza altri ricercatori provarono a
dare una loro interpretazione e fra questi nel 1891 Fritz Hommel concluse che ciascuna
delle sezioni della mappa astronomica forma un angolo di 45° dando vita nel
complesso ad una carta astronomica a 360° dei cieli e che il punto focale
indicava una certa localizzazione nel cielo babilonese.
Nel 1912 il responsabile delle
antichità assire e babilonesi del British Museum di Londra, L. W. King fece una copia precisa
del disco e lo divise in 8 segmenti evidenziandone il fatto che vi risultano
forme geometriche che non compaiono in nessun altra documento simile.
Le cose rimasero così fino a
quando Ernst F. Weidner in un suo articolo pubblicato nel 1912, (riproposto poi
in un suo famoso saggio del 1915 Handbuch der Babylonischen Astronomie),
analizzando la tavoletta affermò che questa non portava a nessuna conclusione
definitiva.
Weidner arrivò a tale esito per il fatto che mentre il nomi dei pianeti e delle stelle e le forme geometriche all'interno del documento erano comprensibili, così non lo era per le altre iscrizioni ai margini dei vari segmenti.
Ma secondo Zecharia Sitchin le cose
cambiano se le iscrizioni, che apparentemente risultano incomprensibili, invece
di leggerle come parole assire le
interpretiamo come parole sumere.
In questo caso ciò che appare è
una vera e propria mappa di rotta che mostra la via percorsa dal dio Enlil per
andare da Nibiru al pianeta Terra e viceversa con le relative istruzioni
operative le varie stazioni intermedie e punti da oltrepassare, un vero e proprio manuale di volo.
Quindi secondo il noto scrittore azero, uno dei principali sostenitori della teoria degli antichi astronauti gli Anunnaki ci avrebbero lasciato le indicazioni sul percorso che ci sarebbe tra il nostro pianeta e il loro corpo celeste di origine, il famigerato Nibiru, un'ennesima traccia della loro permanenza, in passato, sulla Terra.
Fonti:
Zecharia Sitchin le cronache
terrestri il pianeta degli dei pp. 258-265 ed. piemme
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